Le giornate di una mamma cominciano spesso allo stesso modo: si prepara la colazione per tutti e poi la scuola, il lavoro, la famiglia. Ho sempre pensato di trovare un’isola di tranquillità in questo ripetersi quotidiano delle cose. Eppure un giorno le carte si sono mescolate, l’ordine è saltato insieme ad alcune certezze. Sì, Matteo era nato con qualche problema ma nessuno era riuscito a spiegare di cosa soffrisse esattamente. A un anno dalla sua nascita mi dissero: “È Ring14”. Un nome, un numero: che cosa significava? Non avevo mai sentito nulla di simile. I medici spiegarono che si trattava di una malattia genetica e che non se ne sapeva molto, perché i casi nel mondo non erano numerosi.
All’improvviso arrivò il vuoto, quello che costella alcuni sogni facendoti poi ripiombare a terra a tradimento. C’è voluto tempo per capire che cosa significasse esattamente Ring 14. Solo l’esperienza ha fatto maturare la consapevolezza, i rischi connessi alla malattia, la necessità di confrontarsi, di condividere, di alzare la testa e agire, anche lottare, per il bene di mio figlio e di altri bambini come lui nel mondo.
La sindrome del cromosoma 14 è una malattia genetica rara causata da un’alterazione, nel nostro Dna, della quattordicesima coppia di cromosomi: in certi casi, uno dei due cromosomi in coppia muta assumendo forma di anello (in inglese “ring”), in altri la coppia subisce perdite o traslocazioni di materiale genetico.
Le conseguenze dell’alterazione di questa coppia di mattoncini fondamentali del nostro patrimonio genetico le ho conosciute pian piano e sono devastanti per varietà e gravità. I principali sintomi che colpiscono i bambini colpiti dalla sindrome sono: epilessia farmaco-resistente con crisi quasi quotidiane, grave ritardo psicomotorio e del linguaggio, presenza di tratti autistici, problemi cardiaci, alle vie respiratorie, difficoltà di alimentazione. Un percorso di grande sofferenza per i bambini malati, un disperato bisogno di aiuto per intere famiglie che spesso non riescono a fronteggiare da sole la gravità della malattia.
Una madre di un bambino malato conosce quanto un grido di aiuto possa rimanere silenzioso, quanto gli occhi parlino anche se la voce non c’è più. Una madre non si ferma mai di fronte a nulla, ma tre insieme possono davvero cambiare il mondo, far parlare chi voce non ha. Insieme a Daniela di Nonantola (MO) e Gabriella di Trieste ci abbiamo provato.
Nel 2002 queste tre mamme si sono guardate in faccia e, davanti a un caffè, per un momento le parole sono scemate per lasciare spazio a una consapevolezza: era giunto il momento di unire le forze e fare qualcosa, per uscire dal silenzio, per raccontare al mondo che esisteva una sindrome rara chiamata Ring14 e che per combatterla era necessario investire nella ricerca. Così è nata l’associazione Ring14 e da allora di strada ne è stata fatta parecchia.
Nei primi 12 anni di attività, Ring14 Italia ha costantemente offerto linfa vitale alla ricerca scientifica, oltre a garantire assistenza continua alle famiglie dei piccoli affetti dalla sindrome del cromosoma 14. L’esperienza e la credibilità guadagnate sul campo dalla onlus italiana hanno portato alla recente fondazione di un vero e proprio network internazionale di coordinamento fra le varie realtà impegnate a livello locale: Ring14 International, con sede in Italia, negli Stati Uniti, in Francia, Gran Bretagna, Spagna e Olanda.
L’amore di tre mamme ha abbracciato il mondo, ha fatto conoscere la storia di tanti bambini, quelle di Ashley, Babin, Brianna, Brooke, Camille. E ancora quelle di Elmer, Ethan, Caryn, Finelea e di Harvey oltre a quella di Matteo. Oggi tante vite si incrociano in un percorso che vuole costruire un futuro migliore per i malati e per le loro famiglie, che vuole contribuire al lavoro della comunità scientifica che continua a esplorare il genoma umano. Dal 2009 l’associazione Ring14 sta raccogliendo i campioni biologici delle famiglie in una bio-banca grazie alla quale numerosi ricercatori nel mondo stanno svolgendo ricerche su questa rara sindrome. È come se avessimo lasciato lì tutto di noi, tutto quello che noi siamo, a disposizione di chiunque voglia studiarci. Tutto come in una grande mappa per non perdere le tracce lasciate lungo la strada. Se non sarà oggi, sarà domani, ma siamo certi che il futuro restituirà il sorriso ai nostri figli.
Una giornata come tante comincia con un caffè, poi ha gli occhi di Matteo, il fiato mozzato di un bambino che non trova forza e tregua tra gli spasmi delle frequenti crisi epilettiche, ha la gioia di un sapore, della pizza che lui adora, ha il calore di un abbraccio e di una smorfia che significa tanto, molto più di una parola. Tutto questo è vita che riempie ogni giorno, è amore per Matteo e per chi come lui vive questa battaglia quotidiana.

Stefania Azzali, mamma di Matteo e presidente di Ring14 international

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