L’arrivo nella notte scura di Dar e l’impatto quasi fisico col caldo umido, la lentezza delle procedure in dogana, con tanto di impronte digitali rilevate e l’ancora più lenta riconsegna del bagaglio sull’unico nastro rotante dell’aeroporto hanno immediatamente suscitato in me le immagini e l’atmosfera di “CUORE DI TENEBRA”, il romanzo di Joseph Conrad che preferisco e che narra del viaggio a ritroso lungo il fiume Congo, nel cuore dell’ Africa colonizzata e devastata dalla brama di ricchezza dell’occidente di inizio XX secolo. Un viaggio, quello, che simbolicamente è anche un viaggio dentro la coscienza e l’istinto indomabile e inafferrabile che è dentro ciascuno di noi e che porta il protagonista, KURTZ ad impazzire e ad attraversare tutto l’orrore di una situazione oltre ogni possibile immaginazione. Marlow, il narratore incaricato di andarlo a recuperare visto il precario stato di salute, compie quel viaggio e ne esce, ovviamente, un uomo nuovo, più maturo e disincantato.

Aggiungete anche il viaggio in taxi su strade non illuminate fino al CEFA Hostel di Mikocheni B (un nome piuttosto sinistro, converrete …) e piene di guizzi e flash di fanali che catturavano ombre e fantasmi a piedi, in bicicletta e il quadro sembrava completo …

Novello Marlow mi accingevo all’incontro con la pazzia di Kurtz = NINO e GIOVANNA: solo due pazzi avrebbero potuto pensare di vivere così lontano e dare vita, letteralmente parlando, a quello che è oggi il KISEDET: una famiglia composta da tanti bambini, tante persone che, nell’ambito di ruoli ben precisi, portano avanti un progetto “folle” per i nostri parametri di vita occidentale e “razionale”. Dare speranza, aiuto concreto ed anche umano, a chi ne ha più bisogno, senza indulgere in falsi pietismi o sentimentalismi buonisti assolutamente inutili e mistificatori. Ma tutto questo l’ho toccato con mano, macinando i kilometri dell’area di Dodoma, camminando nei villaggi, stringendo mani e accarezzando testoline, entrando nelle aule dove occhioni timidi e un po’ impauriti da un tizio vagamente obeso, vestito come un carnevale e dalla voce così lontana dalle loro, osservavano e sorridevano alla vita che, da quelle parti, in effetti, non è così facile.

Bisognerebbe vedere, ad esempio, la scuola secondaria di IPALA, in mezzo al nulla, dove operano insegnanti che hanno una dignità ed una passione per il loro lavoro che a me, che sono insegnante, ha fatto venire la pelle d’oca … dico IPALA perché è quella dove studiano i due ragazzi che sostengo io e dai quali ho ricevuto tanto, addirittura un pollo vivo in segno di riconoscimento per il mio impegno verso di loro … un pollo vivo, per una famiglia di una decina di persone che vivono in una casa di mattoni, tetto in lamiera o paglia, senza luce o acqua corrente nel vicino villaggio di CHAHWA, un pollo vivo … capite?
Si sono tolti un bene preziosissimo da quelle parti solo per dirmi GRAZIE….

E’ come se io per ringraziare un benefattore gli regalassi la mia automobile …

Sono io che dico GRAZIE a loro, anche se magari non potranno leggere queste parole, ma son sicuro che la follia di GIO e NINO arriverà a farglielo sapere, nella loro lingua così ritmata, così sonora, così piena di calore: il Kishwahili.
Dovreste sentire Gio e Nino come la parlano, come se fosse la loro lingua madre. È questo che dà il segno di quanto profondo sia il loro amore per quella terra, quelle persone e quello che fanno.

Dovrei citare anche il BABU, le donne che cucinano e accudiscono i bimbi e MAMA LIVI la maestra dello SHUKURANI, il grande, in tutti i sensi, FULGENCE, instancabile e pazientissimo accompagnatore del sottoscritto, nonché JULIUS, infaticabile autista, oppure KIWEKU il maestro d’arte che ha organizzato coi bambini uno spettacolo a dir poco esaltante di danza, canti, balli, recitazione senza sosta, senza pause per due ore filate … e che ha anche permesso di incidere un CD di 6 canzoni di quei bimbi che vale la pena di sentire e gustare per capire che cosa, nel cuore dell’AFRICA, si sia potuto realizzare con impegno, passione, dedizione e sostegno da parte di tutti quelli che hanno creduto e credono in quest’opera grande. NINO dice che è una goccia nel mare, ma sa anche lui quanto è grande questa goccia.

E quindi torno alla mia vita “normale” non con la tenebra nel cuore, ma con la luce e con la gioia di tanti sorrisi e di tanti “CIAO” che i bimbetti dello SHUKURANI mi dicevano ogni volta che mi vedevano.

Scrivo e sulla tastiera sento ancora il contatto delle loro minuscole dita nelle mie mani … e scorrono nella mia mente, come tanti fotogrammi, le immagini e i visi anche di coloro che ho incontrato a KIGWE, a VEYULA, altro grande polo scolastico professionale o anche lungo le polverose e interminabili strade tanzaniane, anche a loro il mio grazie e le mie parole conclusive che, contrariamente al romanzo di Conrad, non sono “l’orrore, l’orrore” ma …. “la luce, la luce”.

“ Giovanni Iannaccio ( vicepresidente e socio fondatore di Gruppo Tanzania Onlus ) “

1 Commento

Inserisci un commento